TORNIAMO AI PREFETTI, OVVERO LE INCOERENZE DI ANTONIO DI PIETRO
Quando l’Onorevole Di Pietro strilla contro “i costi della politica”, siamo interamente dalla sua parte. Però, non riusciamo a capire come mai, in questa ricerca degli sprechi che vengono dai pletorici e dispendiosissimi apparati politici, egli si limiti a chiedere essenzialmente la riduzione del numero dei parlamentari. In realtà, mantenendo intatto il numero dei suddetti, basterebbe tornare a certe buone usanze per risparmiare, e tanto!
Quand’era parlamentare mio padre, Remo Sammartino, non solo il suo stipendio corrispondeva ad un quarto di quelli d’oggi (ovviamente calcolandolo in potere d’acquisto). In più, da quello stipendio si dovevano sottrarre una serie di spese anche ingenti. Mio padre aveva un segretario, che pagava di tasca sua: neppure si poteva sognare che lo pagassero i contribuenti, come s’usa oggi. “Spendevo metà dello stipendio in francobolli”, ricordava con amara ironia. Tutte cose che oggi i Parlamentari ricevono in aggiunta (cellulari compresi). E in effetti, altre nazioni, come la Germania e l’Inghilterra, non è che abbiano un numero di parlamentari molto inferiore al nostro. Ma è certo che i loro stipendi medi sono chiaramente più bassi, a volte sino alla metà. E sin qui siamo al Parlamento.
E le Regioni? Possibile che l’Onorevole Di Pietro non veda lo spreco pazzesco che viene dalle Regioni? Possibile che non si renda conto che, dal 1970, si sono intronati in Italia 20 parlamentini, con relativi governini, che inevitabilmente sono diventati 20 centri di clientelismo costosissimo, in cui il gruppo al potere di turno è quasi “costretto” a comprare territorio politico e consenso, distribuendo a destra e a manca inutili “consulenze” ed inutili commissioni, enti, associazioni e quant’altro, con i soldi dei cittadini?
E’ evidente che, quando il Governo centrale amministrava i territori regionali attraverso i Prefetti – che interloquivano direttamente coi Comuni – si spendeva infinitamente di meno, e con ogni probabilità le cose funzionavano assai meglio, perché i Comuni avevano sempre fondi sufficienti ad assicurare i servizi. Basta immaginare quale sarebbe oggi la ricchezza di quei servizi (a cominciare dalla sempre critica Sanità) se i milioni che ci costano gli apparati regionali fossero distribuiti direttamente ai Comuni. A quei tempi, inoltre, i deputati e i senatori avevano realmente una funzione di collegamento tra le cittadinanze e il Governo. Oggi sono veramente delle figure superflue, che lasciano fare tutto alle Regioni.
Sicuramente, esprimendo questi rimpianti, mi pongo automaticamente dalla parte dei dinosauri, visto che oggi siamo in pieno clima di decentramento, e la forza della Lega ha convinto tutti che il federalismo sia il futuro inevitabile e rigenerante (al modo stesso in cui tanti, negli anni ’70, s’erano convinti che fosse inevitabile un futuro marxista!). Ma almeno la necessità di ridurre il numero delle Regioni, concentrando l’amministrazione territoriale in 6 0 7 macroregioni (come preconizza da anni la Fondazione Agnelli) mi sembra urgente. Anche perché oggi la tecnologia può superare facilmente il problema delle distanze: per parlare con una Assessore lontano basta una webcam.
In particolare, visto che abbiamo chiamato in causa l’Onorevole Di Pietro, che dire della sua Regione Molise (che è anche la mia): una regioncella ridicola, asfittica e rachitica, che ha meno abitanti di un solo quartiere di Roma (300.000) e costa agli Italiani forse più della Lombardia (che ha 8 milioni di abitanti e produce da sola il 30% del PIL nazionale). Ma soprattutto una Regione che, con questi costi, non rende nulla o quasi ai suoi cittadini, visto che non ha mai fondi disponibili a finanziare un solo progetto che produca un paio di posti di lavoro!
Ricordo nettamente che, diversi anni fa, ad un meeting organizzato dagli Abruzzesi a Roma, Di Pietro disse che non riusciva a capire perché il Molise si fosse separato dall’Abruzzo (la presuntuosa secessione avvenne nel ’63). Che aspetta, oggi, a chiedere al più presto la riunificazione, che tanti molisani agognano, visto il palese fallimento dell’esperienza (le cifre parlano spietatamente dei progressi dell’Abruzzo, di molto più alti di quelli della “sorella povera”) ?
Dobbiamo essere maligni. Anche a Di Pietro è venuto il gusto dei complottini di potere, per i quali anche una regione-giocattolo come quella risulta essere utile. Persino divertente.
Sergio Sammartino
(Uscito su l’Avanti del 29 aprile 2010)
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